Napoli 22 Novembre 2005

 

Lettera Aperta

 

25 anni dal terremoto dell'Irpinia:

quale prevenzione?

"Io speriamo che me la cavo"

Ho letto sul quotidiano Il Mattino di ieri, l’intervento del Presidente dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia dott. E. Boschi. La gente comune, leggendo tale intervento avrebbe ragione nel sentirsi rincuorata pensando che, oramai, il nostro paese, dopo il terremoto dell’Irpinia di 25 anni fa, ha maturato la “cultura della prevenzione” e sviluppato strutture e strumenti in grado di garantire il massimo abbattimento del rischio sismico, in particolare, e del rischio naturale in generale. Secondo il Nuovo Zingarelli il termine “Cultura” significa: complesso di cognizioni, tradizioni, procedimenti tecnici, tipi di comportamenti e sim., trasmessi e usati sistematicamente, caratteristico di un dato gruppo sociale, o di un popolo…

26 settembre 1997, Umbria, ore 01:33 viene registrata una scossa di magnitudo 5,9. La mattina, per radio si sente un geologo, appartenente a quelle “formidabili strutture” che si sono sviluppate in Italia, rassicurare che il “peggio” è passato, che non sono da temersi “repliche”. Alle ore 10:00, mentre alcuni tecnici stanno effettuando un sopralluogo nella Basilica in Assisi, la terra trema ancora più forte con una scossa di magnitudo 6,4: purtroppo i tecnici non sopravviveranno.

31 ottobre 2002, Molise, ore 11:32 viene registrata una scossa di magnitudo 5,4. A S. Giuliano di Puglia, il paese più colpito, crolla una scuola che causerà la morte di 26 bambini. Ecco cosa scriveva, proprio sul Il Mattino del 02/11/02 F. Mancusi: Tre spallate nel cuore della notte, la quarta di buon mattino. Un preciso segnale precursore, non avvertito o sottovalutato per motivi che dovranno essere chiariti nelle prossime ore. Scosse di terzo, quarto e quinto grado della scala Mercalli fanno vibrare vetri, porte e finestre. Perchè, almeno nelle zone più vicine all’epicentro, nessuno si è preoccupato della fastidiosa concomitanza? Perchè nessuno ha dato l’allarme? Perchè i sistemi di protezione civile locale non sono stati allertati? Poteva essere evitata la tragedia di San Giuliano, chiudendo scuole e uffici pubblici per prudenza? La macchina della prevenzione, insomma, non ha funzionato.

È vero che tra il 1981 e 1984 fu adottata la classificazione sismica ma si è dovuto aspettare l’ennesima tragedia, quella di S. Giuliano, nel 2002, per aggiornarla.

Mi chiedo e chiedo quale cultura della prevenzione sia quella che permette ad un Comune come quello di Napoli di approvare un Piano Urbanistico che prevede, tra l’altro, per l’area Coroglio-Bagnoli – il cui rischio vulcanico, riconosciuto dalla comunità scientifica, è pari o superiore a quello della zona rossa vesuviana – addirittura un incremento dei volumi destinati ad edilizia residenziale tale da comportare un aumento della popolazione di circa 3.000 unità.

Se questo è l’insegnamento che abbiamo tratto da quel tragico 23 novembre 1980, se realmente il nostro paese pensa di avere una “cultura della prevenzione” allora, quando avverrà il prossimo terremoto (perché purtroppo sappiamo che ci sarà) o, peggio, quando si risveglieranno il Vesuvio o i Campi Flegrei, parafrasando un noto film: “io speriamo che me la cavo”.

                                                                                                                    dott. Francesco Varriale

                                                                                                                                                                (Geologo ricercatore)

 

 

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